Amori intensi ed agitati, passione, voglia di fuggire da ciò
che più ti fa soffrire. Carattere, carisma e genialità. Fu un'artista
alessandrina ad esaltare tutte queste
umane virtù, il suo nome è Milly. La prima donna nel panorama internazionale ad
incarnare in un unico corpo i ruoli di cantante, attrice di teatro e di cinema,
soubrette e presentatrice. Una “stella” che fece innamorare Cesare Pavese e Umberto di Savoia, Vittorio
De Sica e Mario Soldati. Non solo: tra gli anni sessanta e settanta Milly diventa
un'icona femminile, indelebile tutt'ora.
Trentaquattro anni fa (nel settembre del 1980) moriva Carla Mignone, in arte Milly. Nata ad
Alessandria il 6 febbraio 1905, da bambina prova sulla propria pelle la
sofferenza della miseria. Il padre abbandona moglie e i tre figli quando Milly
aveva 5 anni. La madre svolgeva lavori poco remunerati che non consentivano di
uscire dalla povertà. Così decide di trasferirsi con i figli a Torino, città in
cui la famiglia ha alcuni “agganci” per poter vivere meglio. Carla da
adolescente inizia a lavorare come cassiera al Teatro Fiandra: a vent'anni
prova a passare dallo sgabello della cassa al palco e debutta come cantante.
Anche la sorella, Mitì, entra timidamente nel mondo dello spettacolo, seguita a
ruota dal fratello, Toto (Ottone). Nasce il sodalizio artistico familiare dei
Mignone, dando vita al trio Milly, Mitì e Toto.
Il primo spettacolo è del 1926, è una rivista che riscuote subito un buon successo.
Milly canta, Mitì balla e Toto suona. Li chiamavano “la famiglia imperiale”.
A Milly però l'avanspettacolo sta stretto, vorrebbe spiccare
il volo da sola, ma il sodalizio con fratello e sorella continua. Al teatro torinese Trianon il fulcro dello spettacolo è lei: la
sua voce minuta e squillante, il suo viso bianco e scavato, mandano in
visibilio i torinesi. Una sera tra il pubblico c'è Umberto di Savoia, poco più
che ventenne. Il principe ne rimane affascinato e le manda splendide rose
rosse. Il gossip di allora parlò di una storia d'amore travolgente. La sorella
Mitì, una quindicina di anni fa, ospite di una trasmissione pomeridiana della
Rai, dichiarò in proposito: “Umberto e Milly? Fu una storia semplice, erano due
ragazzi di 20-21 anni. Innamorati? Sì. Lui la veniva a prendere sotto casa in
automobile. Senza neppure la scorta. Andavano in collina, sopra Torino, a fare
dei picnic. Come molti giovani, di allora...”.
Ma la Storia impone ad Umberto un altro destino: nel 1930
sposa Maria Josè principessa del Belgio. Milly si chiude in un dignitoso
silenzio e si getta nel lavoro: debutta come attrice del cinema. E' il 1932 e
il regista Mario Bonnard le offre una parte nel film girato in doppia lingua
(italiano e francese) “Tre uomini in frak” con i fratelli De Filippo.
Nello stesso anno è protagonista (sempre in un film di Bonnard) di “Cinque a
zero”. Recita con Anna Magnani, Amedeo Nazzari, Giulietta Masina, Vittorio
de Sica, Eduardo e Peppino De Filippo. Poi la sorella Mitì sposa il regista
Mario Mattoli (guida del grande Toto' in innumerevoli film, tra cui Miseria
e Nobiltà, Il medico dei pazzi e Totò cerca pace), di fatto
ponendo fine al trio, anche perchè il fratello decide di fare soltanto cinema,
tra l'altro affiancando il più importante attore napoletano di tutti i tempi.
Milly, disfatto il gruppo familiare, sente che l'amore per il principe Umberto è
ancora troppo forte. Così fugge a Parigi. Qui la nota un discografico
americano. “Ti pago il viaggio negli Stati Uniti, ti do 500 dollari per
cantare a New York”, le disse. Lei accettò: in America fu accolta da vera
star: i suoi cavalli di battaglia furono “Sheherazade” e “Blue Angel”.
Facoltosi signori di Wall Street le mandavano gioielli nascosti dentro le
grandi corbeilles di gladioli. Torino, Alessandria, l'Italia, il Mondo, avevano
una nuova stella. In America rimane dieci anni. Nel 1947 torna in Italia. La
sua carriera sembra destinata a fermarsi. Non ha più stimoli, non sente più il
desiderio di esprimersi. Ma è proprio in questo momento buio che tira fuori il carattere da vera diva:
Milly risorge. Riprende a lavorare a Milano, nel teatro di rivista. La nota
Giorgio Strehler, che nel 1956 la chiama come protagonista de “l'Opera da
tre soldi” di Brecht. Il fratello Toto confidò che nelle prove dell'opera,
Strehler la sgridò, urlandole di tirare fuori la voce, nell'occasione troppo
bassa e sottile. Milly, punta nell' orgoglio, diede vita ad una delle
performance più travolgenti della storia del teatro, nella parte di Jenny delle Spelonche. Fu la grande
consacrazione di questa artista cresciuta artisticamente a Torino.
Consacrazione anche umana ed intellettuale.
E' protagonista nel recital “Milanin Milanon”. Passa poi a Studio Uno,
in Tivvu', con Mina, Paolo Panelli e le gemelle Kessler.
Milly con tutte le proprie forze esce dal cliché della
cantante da cafè -chantant,
interpretando i brani di Fabrizio de Andrè, Charles Aznavour, Sergio
Endrigo e Luigi Tenco. L'ultima sua apparizione è in uno spettacolo a Palermo,
all'inizio del settembre 1980. Nella notte tra il 22 e il 23 dello stesso mese
il suo cuore, ormai sempre più stanco, si ferma.

Rimane di questa artista non solo il ricordo e le opere
nelle quali è stata protagonista. Fragile e forte al tempo stesso, Carla
Mignone ancora adesso è un'icona di femminilità passionale e carismatica. E'
l'esempio di come si può risorgere anche quando la realtà sembra averti
sconfitto del tutto. Milly è fascino, romanticismo, forza d'animo e intelligenza.
Sempre con quell'alone di “magone dentro”, che
contraddistingue molti che, nati in provincia, hanno avuto successo nelle
metropoli più suggestive. Milly aveva conosciuto la miseria delle buie strade
alessandrine di inizio '900 e i fasti di una New York ricca e scintillante.
Aveva conosciuto il dramma familiare di un padre sempre assente e di una madre
costretta ai lavori più umili per dare da mangiare ai figli… e l'amore di un
principe.
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