venerdì 21 novembre 2014

Il mondo di Milly



Amori intensi ed agitati, passione, voglia di fuggire da ciò che più ti fa soffrire. Carattere, carisma e genialità. Fu un'artista alessandrina ad esaltare  tutte queste umane virtù, il suo nome è Milly. La prima donna nel panorama internazionale ad incarnare in un unico corpo i ruoli di cantante, attrice di teatro e di cinema, soubrette e presentatrice. Una “stella” che fece innamorare  Cesare Pavese e Umberto di Savoia, Vittorio De Sica e Mario Soldati. Non solo: tra gli anni sessanta e settanta Milly diventa un'icona femminile, indelebile tutt'ora.
Trentaquattro anni fa (nel settembre del 1980)  moriva Carla Mignone, in arte Milly. Nata ad Alessandria il 6 febbraio 1905, da bambina prova sulla propria pelle la sofferenza della miseria. Il padre abbandona moglie e i tre figli quando Milly aveva 5 anni. La madre svolgeva lavori poco remunerati che non consentivano di uscire dalla povertà. Così decide di trasferirsi con i figli a Torino, città in cui la famiglia ha alcuni “agganci” per poter vivere meglio. Carla da adolescente inizia a lavorare come cassiera al Teatro Fiandra: a vent'anni prova a passare dallo sgabello della cassa al palco e debutta come cantante. Anche la sorella, Mitì, entra timidamente nel mondo dello spettacolo, seguita a ruota dal fratello, Toto (Ottone). Nasce il sodalizio artistico familiare dei Mignone, dando vita al trio Milly, Mitì e Toto.
Il primo spettacolo è del 1926, è una  rivista che riscuote subito un buon successo. Milly canta, Mitì balla e Toto suona. Li chiamavano  la famiglia imperiale”.
A Milly però l'avanspettacolo sta stretto, vorrebbe spiccare il volo da sola, ma il sodalizio con fratello e sorella continua.  Al teatro torinese  Trianon il fulcro dello spettacolo è lei: la sua voce minuta e squillante, il suo viso bianco e scavato, mandano in visibilio i torinesi. Una sera tra il pubblico c'è Umberto di Savoia, poco più che ventenne. Il principe ne rimane affascinato e le manda splendide rose rosse. Il gossip di allora parlò di una storia d'amore travolgente. La sorella Mitì, una quindicina di anni fa, ospite di una trasmissione pomeridiana della Rai, dichiarò in proposito: “Umberto e Milly? Fu una storia semplice, erano due ragazzi di 20-21 anni. Innamorati? Sì. Lui la veniva a prendere sotto casa in automobile. Senza neppure la scorta. Andavano in collina, sopra Torino, a fare dei picnic. Come molti giovani, di allora...”.
Ma la Storia impone ad Umberto un altro destino: nel 1930 sposa Maria Josè principessa del Belgio. Milly si chiude in un dignitoso silenzio e si getta nel lavoro: debutta come attrice del cinema. E' il 1932 e il regista Mario Bonnard le offre una parte nel film girato in doppia lingua (italiano e francese) “Tre uomini in frak” con i fratelli De Filippo. Nello stesso anno è protagonista (sempre in un film di Bonnard) di “Cinque a zero”. Recita con Anna Magnani, Amedeo Nazzari, Giulietta Masina, Vittorio de Sica, Eduardo e Peppino De Filippo. Poi la sorella Mitì sposa il regista Mario Mattoli (guida del grande Toto' in innumerevoli film, tra cui Miseria e Nobiltà, Il medico dei pazzi e Totò cerca pace), di fatto ponendo fine al trio, anche perchè il fratello decide di fare soltanto cinema, tra l'altro affiancando il più importante attore napoletano di tutti i tempi.
Milly, disfatto il gruppo familiare,  sente che l'amore per il principe Umberto è ancora troppo forte. Così fugge a Parigi. Qui la nota un discografico americano. “Ti pago il viaggio negli Stati Uniti, ti do 500 dollari per cantare a New York”, le disse. Lei accettò: in America fu accolta da vera star: i suoi cavalli di battaglia furono “Sheherazade” e “Blue Angel”. Facoltosi signori di Wall Street le mandavano gioielli nascosti dentro le grandi corbeilles di gladioli. Torino, Alessandria, l'Italia, il Mondo, avevano una nuova stella. In America rimane dieci anni. Nel 1947 torna in Italia. La sua carriera sembra destinata a fermarsi. Non ha più stimoli, non sente più il desiderio di esprimersi. Ma è proprio in questo momento buio  che tira fuori il carattere da vera diva: Milly risorge. Riprende a lavorare a Milano, nel teatro di rivista. La nota Giorgio Strehler, che nel 1956 la chiama come protagonista de “l'Opera da tre soldi” di Brecht. Il fratello Toto confidò che nelle prove dell'opera, Strehler la sgridò, urlandole di tirare fuori la voce, nell'occasione troppo bassa e sottile. Milly, punta nell' orgoglio, diede vita ad una delle performance più travolgenti della storia del teatro, nella parte  di Jenny delle Spelonche. Fu la grande consacrazione di questa artista cresciuta artisticamente a Torino. Consacrazione anche umana ed intellettuale.  E' protagonista nel recital “Milanin Milanon”. Passa poi a Studio Uno, in Tivvu', con Mina, Paolo Panelli e le gemelle Kessler.
Milly con tutte le proprie forze esce dal cliché della cantante da cafè -chantant,  interpretando i brani di Fabrizio de Andrè, Charles Aznavour, Sergio Endrigo e Luigi Tenco. L'ultima sua apparizione è in uno spettacolo a Palermo, all'inizio del settembre 1980. Nella notte tra il 22 e il 23 dello stesso mese il suo cuore, ormai sempre più stanco, si ferma.
La sorella Mitì, alla domanda “Milly è mai stata felice?”, risponderà con un velo di amarezza: “Felice? Milly? … non lo so … ho paura di no”.
Rimane di questa artista non solo il ricordo e le opere nelle quali è stata protagonista. Fragile e forte al tempo stesso, Carla Mignone ancora adesso è un'icona di femminilità passionale e carismatica. E' l'esempio di come si può risorgere anche quando la realtà sembra averti sconfitto del tutto. Milly è fascino, romanticismo,  forza d'animo e intelligenza.
Sempre con quell'alone di “magone dentro”, che contraddistingue molti che, nati in provincia, hanno avuto successo nelle metropoli più suggestive. Milly aveva conosciuto la miseria delle buie strade alessandrine di inizio '900 e i fasti di una New York ricca e scintillante. Aveva conosciuto il dramma familiare di un padre sempre assente e di una madre costretta ai lavori più umili per dare da mangiare ai figli… e l'amore di un principe.  

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